mardi, novembre 28, 2006

mercredi, novembre 22, 2006

EL CINE DE ABBAS KIAROSTAMI
“Políticas de lo cotidiano”

El Seminario Políticas de la Memoria,
del Centro de Poética del Instituto de Investigaciones Filológicas de la UNAM,
invita a la serie de conferencias
“Políticas de lo cotidiano: el cine de Abbas Kiarostami”
que impartirá la
Dra. Silvestra MARINIELLO
(Université de Montréal)
los días 27, 28 y 30 de noviembre,
de las 11:00 a las 13:30 hrs.,
en el Instituto de Investigaciones Filológicas,
circuito Mario de la Cueva s. n., Ciudad Universitaria


(Las conferencias serán realizadas en francés e italiano y las rondas de preguntas y respuestas podrán ser hechas en español)

samedi, novembre 18, 2006

Para Sergio
(porque ya no tenemos veinte años)

“[Coplas] de don Jorge Manrique por la muerte de su padre”

[i]

Recuerde el alma dormida,

avive el seso e despierte,

contemplando

cómo se passa la vida;

cómo se viene la muerte

tan callando;

cuán presto se va el plazer;

cómo, después de acordado,

da dolor;

cómo, a nuestro parescer,

cualquiere tiempo passado

fue mejor.

[ii]

Pues si vemos lo presente,

cómo en un punto s’es ido

e acabado,

si juzgamos sabiamente,

daremos lo non venido

por passado.

Non se engañe nadi, no,

pensando que ha de durar

lo que espera

más que duró lo que vio,

pues que todo ha de passar

por tal manera.

[iii]

Nuestras vidas son los ríos

que van a dar en la mar,

qu’es el morir;

allí van los señoríos

derechos a se acabar

e consumir;

allí los ríos caudales,

allí los otros medianos

e más chicos,

allegados, son iguales

los que viven por sus manos

e los ricos.

Jorge Manrique [“Coplas a la muerte de su padre”], Poesía, Jesús-Manuel Alda Tesán (ed.), México, Red Editorial Iberoamericana, 1987, pp. 148-149 y ss.

Ciudad de México, 20061118 1601 - 27 Heshvan 5767

jeudi, novembre 16, 2006

Brescia

Questa notte non so. Ed è perche avvolte mi fatico e non posso piu seguire, avvolte sento come se non potesse respirare, e il tempo mi fa male. Anchora le vecchie abbitudine, seguo seducendo lo sconosciuto, soltanto per ricordare il piacere abbituale, soltanto per combattere la nostalgia, cercando di ritrovare gli odori di sempre, fermando il tempo sempre fluito.

Stamattina erano la luce e l’aria, come allora, tra le vigne, nella tarde arrivata da subito —troppo tosto—, io camminando nell’angostissima via di terra, scendendo alla piazza per prendere l’autobus e andare in città. Ricorrevo le strade griggie della architettura fascista, m’impauriva la vista delle mure, immaginavo il temore e mi mancava parlarne a qualcuno... a qualsiasi. Però, stamattina, mi mancaba flottare, come quando scendevo e Suzanne Vega mi parlava alle orecchie (questo grazie all piccolo apparecchio blu che ho comprato in Lione e poi, crudelmente, mi hanno rotto in An Arzh, in Capo d’Anno). Comunque, non posso veramente parlarne. Mi mancherebbe passare ore qui. Se potesse disegnare, io, farebbe piutosto dei quadri. Altre cose. Non voglio piu di parole, non servono a niente. Non voglio pui di politica, perche doppo non conduce a niente. La lotta eterna, e finalmente come Cassandra, vedere come tutto capita a la fine; sempre il peggio immaginabile arriva come un colpo aspettato da tempo. Eh, precisamente, un colpo di stato, anche militare. E tutti tranquilli, tutto bene. Tutto è normale in questo maledetto paese, anch’io son’ normale. E sono ammalatto da tutto ciò: nessuno dice niente, nessuno fa niente, e ci siamo noi a griddare come pazzi sperando, aspettando, e anche facendo, e facendo niente. E poi, dunque, logicamente noi siamo nessuno. Non c’è presenza alcuna in questa assenza.

Questa notte giocco a non essere io, a scrivere cose che cencellerò domattina, prim’ora. Come tutti giorni cancellerò la notte completa, e tornerò ad io, lotterò ancora come tutti noi (noi-altre, come diciamo in altre-lingue, nella nostra lingua spagnola). Prometto, domani, pensare nella alterità, la nostra autrement—, prometto rittornare a me stesso e rimanere dentro i limiti conosciuti, comprensiblili: i miei così cari limiti que mi permettono immaginare che è possibile communicare qualcosa, e così giocco a pretendere che communico con voi, e sono contento trovando le bugie per continuare. Domani, doppo, scriverò sulla sporca politica, denuncierò la frode, il colpo... però mai sarò capabile di spiegare per ché siamo ancora qui, non sò per ché possiamo ancora mangiare, pensare, respirare, sapendo tutto questo, vedendo tutto questo. (Lo stile mi fa ridere, perché sò che di tutte maniere, domani, questo che scrivo mi farà tuttavia schifo). Come è ancora possibile di vivere doppo l’orrore? Com’è possiblile di scrivere nell’attesa dell’orrore a-venire? Non ostantte, io scrivo, sperando non essere capito.

Questa notte non sono io. Ho una carta di credito. Sono un’altro, e gioccherò; domani, parliamo. Domani sono io medesimo. Domani faccio la protesta, domani convoco per lo Zocalo il 20, per San Lázaro il primo dicembre, domani sono traduttore, domani sono editore, domani sono studente, domani vado al concerto... e l’anno prossimo a Gerusaleme.

Mi mancano gli Appennini, mi manca la Pianura Padana, mi manca la Valle Trompia, i paesini, mi manca il teatro, gli attori, i politici, mi mancano il lago di Garda e il lago d’Iseo... mi manca il treno. È arrivato l’autunno, di nuovo, ed io sono qui.



Ciudad de México, 20061116 0456 - 26 Heshvan 5767

mercredi, novembre 08, 2006

Bombazo

Cartón de Helguera tomado de la edición electrónica de La jornada, del miércoles 8 de noviembre de 2006,

lundi, novembre 06, 2006

The Fifth of November

Remember, remember the fifth of November;
The gunpowder treason and plot!
For I see no reason why the gunpowder treason
Should ever be forgot.

Guy Fawkes, twas his intent
To blow up king and parliament.
Three score barrels were laid below
To prove old England’s overthrow.

By God’s mercy he was catched
With a dark lantern and lighted match.
Holler boys, holler boys, let the bells ring
Holler boys, holler boys, God save the King.

Please to remember the fifth of November;
The gunpowder treason and plot!
For I see no reason why the gunpowder treason
Should ever be forgot.

***

Remember, remember, the 5th of November
The Gunpowder Treason and plot;
I know of no reason why Gunpowder Treason
Should ever be forgot.

Guy Fawkes, Guy Fawkes,
Twas his intent.
To blow up the King and the Parliament.
Three score barrels of powder below.
Poor old England to overthrow.
By God
s providence he was catchd,
With a dark lantern and burning match

Holloa boys, Holloa boys, let the bells ring
Holloa boys, Holloa boys, God save the King!

Hip hip Hoorah!
Hip hip Hoorah!

A penny loaf to feed olPope,
A farthing cheese to choke him.
A pint of beer to rinse it down,
A faggot of sticks to burn him.

Burn him in a tub of tar,
Burn him like a blazing star.
Burn his body from his head,
Then we
ll say: olPope is dead.



Ciudad de México, 20061106 0057 - 15 Heshvan 5767

jeudi, novembre 02, 2006

Para Lizette
(que se ha enfrentado al desconcierto de los “descansos” alemanes)

Entrevista a Slavoj Žižek publicada en el diario argentino Página 12:

«En mi libro El juego de las fantasías, hay un capítulo sobre el fenómeno de la llamada interpasividad: cómo tus experiencias más íntimas y secretas, tales como las creencias o incluso la risa, pueden practicarse a través de los otros. Mi ejemplo favorito es cómo nos gusta reírnos de la llamada “gente primitiva”, que tiene la costumbre, cuando muere alguien, de contratar a una “llorona” para los velorios. Nos reímos de cuán inauténtico esto es. Pero, ¿no hacemos lo mismo cuando miramos las series norteamericanas, donde aparece el sonido de una risa artificial, de gente que se ríe por vos, en los momentos graciosos? Esto es lo que Lacan quería decir con el “sujeto descentrado”. Es paradójico: para Lacan existen algunas creencias y actitudes que no podemos nunca asumir en primera persona. Para ir incluso hasta la obscenidad, en uno de mis libros hice un análisis detallado de la estructura de los inodoros en Occidente. Son, en un sentido, ideología encarnada. Se podría demostrar que los inodoros franceses son “jacobinos”, los anglosajones son “pragmáticos” y los alemanes son “metafísicos”. Esto es lo que me interesa más y más: no las grandes hipótesis explícitas sino los actos cotidianos donde funciona la ideología

Slavoj Žižek en entrevista con Eduardo Grüner para Página 12, traducción y adaptación de Verónica Gago, consultado el 2 de noviembre de 2006 en http://www.lacan.com/zizekba3.htm [los subrayados y las negritas son de mí para Lizette, la lectura es de Natalia]

Ciudad de México, 20061102 1816 - 12 Heshvan 5767